Trasparenza e dati aperti: cronaca di un possibile equivoco

Lissone in Movimento | Senza categoria | Set 23, 2013| Commenti disabilitati su Trasparenza e dati aperti: cronaca di un possibile equivoco
Consiglio a tutti e specialmente ai nostri amministratori la lattura di questo articolo, di cui pubblico qualche spunto.
Quale è il fine del rilascio dei dati pubblici in formati aperti e riutilizzabili? Trasparenza? Sviluppo economico? Entrambi? Se non si chiarisce questa ambiguità è difficile impostare politiche pubbliche efficaci.
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Il quadro, già complesso di per sè, appare offuscato anche dagli oscillamenti e le inaccortezze del nostro Legislatore, che, ad avviso di chi scrive (Morena Ragone e Francesco Minazzi ndr) ne , ha alimentato la confusione in atto, adottando, da ultimo, il c.d. “Decreto Trasparenza”  – decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 – il cui testo dà origine ad ulteriori fraintendimenti, miscelando nel medesimo corpo normativo concetti diversi, ancorché coordinati, quali obblighi di pubblicazione, trasparenza, dati aperti.
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In Italia si parla di trasparenza a partire dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, la quale, all’articolo 1 comma 1, dedicato ai “principi generali dell’attività amministrativa”, prevede che “l’attività  amministrativa persegue  i  fini  determinati  dalla legge ed è retta  da  criteri  di  economicità,  di  efficacia,  di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza... omissis” che la definiva come “accessibilità totale, anche attraverso lo strumento della pubblicazione sui siti internet delle pubbliche amministrazioni, delle informazioni concernenti ogni aspetto  dell’organizzazione delle pubbliche amministrazioni, degli indicatori relativi agli andamenti  gestionali e all’utilizzo delle risorse per il perseguimento  delle  funzioni istituzionali, dei risultati dell’attività di misurazione e valutazione svolta in proposito dagli organi competenti, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei  principi  di buon andamento e imparzialità”. La delega era focalizzata sulla valutazione di dipendenti e strutture della PA: la trasparenza, quindi, veniva ancorata alle finalità di controllo del rispetto dei principi che sorreggono l’agire pubblico.

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ovvero prevedere l’obbligo di pubblicare determinati dati pubblici, al fine di favorire il controllo sociale diffuso, è opportuno ed efficiente cogliere l’occasione per pubblicare in formato aperto, onde favorire anche il riuso e le potenzialità economiche di quei dati.

Cosa ci trova d’accordo:

Che il decreto trasparenza si applica a innumerevoli settori della vita pubblica, tra cui anche i redditi degli amministratori ma, principalmente ai criteri di economicità,  di  efficacia,  di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza.

Quindi oltre ai redditi, per soddisfare gli altri requisiti si dovrebbe, ad esempio, scrivere le delibere e le determine in un linguaggio chiaro a tutti (trasparenza), di assegnare lavori basandosi su almeno 3 offerte (e non solo per importi superiori ai 40.000€ (economicità), di segnalare le ragioni per cui si assegna un lavoro (costo o qualità) (efficacia), dettagli delle opere assegnate che compongono il totale commissionato (trasparenza) non assegnare lavori a chi ha sostenuto l’amministrazione in campagna elettorale (imparzialità).

Questo per noi è lo spirito della legge n. 33, non solo la pubblicazione dei redditi

 

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